DALLA "GUERRA FREDDA" ALLA "PACE CALDA". SIAMO SOLTANTO AL PRELUDIO DI UNA GUERRA GLOBALE?



    Dopo la seconda guerra mondiale, come si sa, il mondo è vissuto per quasi mezzo secolo spaccato in due da una "cortina di ferro", ma, nonostante ciò, esso ha vissuto alcuni decenni in una - per parafrasare un noto modo di dire francese - drole de paix, cioè in una "pace" "garantita" dall'equilibrio del terrore, passata alla Storia col nome di "guerra fredda".
    Le due superpotenze nucleari, Usa e Urss, non si sono mai scontrate direttamente, pur essendoci andate molto vicine durante la crisi dei missili cubana del 1962, ma solo indirettamente o "per procura": Corea, Vietnam, guerra Iraq/Iran, Afghanistan, ecc..
    Le batoste prese dagli Usa in Corea e, soprattutto, in Vietnam, ebbero conseguenze economiche rilevanti per la leadership mondiale americana: comportarono la sospensione della convertibilità del dollaro (Dollar Standard), decretata da R. Nixon, a cause delle ingenti spese belliche sostenute, e la conseguente svalutazione della moneta Usa (1971), a cui fece seguito, come diretta conseguenza, la crisi petrolifera del '73. Qualcosa di analogo avvenne anche dopo la vittoria di Khomeyni in Iran, e la susseguente cacciata degli americani da Teheran, che provocherà la seconda crisi petrolifera nel '79. Ciononostante, gli Stati Uniti si sono lentamente ripresi da questa serie di sconfitte, grazie soprattutto alla Reaganomics, che, tradotto in termini sintetici, significò una rigorosa applicazione delle regole del liberismo selvaggio, adottato dal Presidente R. Reagan sull'esempio di quanto aveva già iniziato a fare M. Thatcher in Gran Bretagna (dove ne fecero in primo luogo le spese i minatori inglesi), facendo tabula rasa del Welfare, considerato dai capitalisti dell'epoca come ultimo residuato del "socialismo".
Richard Nixon
Margaret Thatcher
Ronald Reagan


    Al contrario, la sconfitta dell'Unione Sovietica in Afghanistan, la stagnazione dell'apparato economico-burocratico sovietico, che aveva ripetutamente mostrato di essere riottoso a qualsiasi anche lieve possibilità di rinnovamento, l'incapacità di tener testa agli Usa nella corsa al riarmo (in particolare alla reaganiana SDI: Strategic Defence Initiative) e, infine, il disastro di Chernobyl, del 1986, decretarono la fine dell'Unione Sovietica e del suo sistema di alleanze militari: una sconfitta strategica incarnata dalla tragica figura di Michail Gorbaciov, e sintetizzata dalla caduta del Muro di Berlino del 1989.
La caduta del Muro di Berlino
    

I Miti dell'ultimo trentennio

    Con la caduta del Muro terminava il "secolo breve" (Eric Hobsbawm), e sembrava che nel mondo si fosse aperta una nuova era di pace: F. Fukuyama aveva addirittura parlato, se ben ricordate, di "fine della Storia". Con essa si inaugurava l'era della "globalizzazione", che avrebbe garantito ricchezza e felicità per tutti, come dicevano, con una certa sicumera, i più enfatici ideologi della New Golden Age o, se volete, della Belle époque dei nostri tempi.
    La Russia non faceva più paura a nessuno, anche perché ormai era economicamente sul lastrico, e si era territorialmente smembrata in modo spesso tumultuoso: dalle sue ceneri erano sorti nuovi Stati indipendenti; molti Paesi, che avevano fatto parte del Patto di Varsavia, bussavano alle porte della Nato e dell'Europa: quest'ultima aveva accelerato il proprio processo di integrazione con il Trattato di Maastricht, sino ad arrivare all'adozione della moneta unica, l'euro, per approfittare delle nuove opportunità economiche che si aprivano su scala non solo interna al mercato unico, ma anche a livello globale.
    Tuttavia c'erano alcuni elementi che remavano in direzione ostinatamente contraria a questo quadro idilliaco: la prima guerra in Iraq, la guerra in Yugoslavia; l'attacco alle Torri gemelle, la seconda guerra in Iraq, quella in Afghanistan, Siria, ecc. ecc.. Tanto che, potremmo dire, a posteriori, di essere passati, quasi senza soluzione di continuità, dalla "guerra fredda" a una vera e propria "pace calda".
Nel frattempo, proprio grazie alla globalizzazione, era entrata da protagonista, sulla scena mondiale, una nuova superpotenza: la Cina, sicuramente il Paese che ha tratto i maggiori benefici economici da questo processo.
    Dopo un decennio di sconquassi, all'alba del nuovo Millennio, anche la Russia ricomincia la sua scalata mondiale, con una ripresa economica che la reintegra progressivamente nel mercato mondiale, grazie allo scambio tra merci (e capitali) occidentali, da un lato, ed energia, dall'altro. L'artefice di questa rinascita ha, come è noto, un solo nome: Vladimir Putin!
    Tanto che a livello internazionale, in particolare nel corso della presidenza Obama, non si parlava più di bipolarismo, bensì di multilateralismo: il mondo si sarebbe retto sul "concerto" o accordo tra Usa, Cina, Europa e Russia. E, nonostante qualche frizione e i persistenti sospetti reciproci, qualcuno stava iniziando effettivamente a crederci, soprattutto gli europei.
    Poi è arrivata sull'economia mondiale l'ennesima doccia gelata: quella del Covid!
        E i giochi si sono drammaticamente riaperti.
    Come si esce da una crisi economica prolungata, come avevano evidenziato i ripetuti crolli delle borse mondiali (2001, 2007, 2011, 2020)? La risposta più semplice è: con la guerra! Ed è esattamente quello che Putin ha intrapreso con la sua "operazione militare speciale" in Ucraina. Ci si potrebbe chiedere: come mai gli Usa (e la Nato) hanno ingoiato l'annessione della Crimea del 2014 senza troppi drammi, mentre questa volta hanno reagito così duramente all'aggressione dell'Ucraina? Semplice: perché dalla crisi non vuole uscire soltanto la Russia, ma anche gli altri Paesi. E ciò non può avvenire senza che i Grandi si pestino i piedi a vicenda!
    E' stata avanzata l'ipotesi che, con la guerra in Ucraina, Putin voglia sbarazzare il campo dai malintesi coltivati nel trentennio che abbiamo alle spalle, per far comprendere agli Usa come stanno ormai le cose: le sorti del mondo non le puoi decidere da solo, perché ci sono anch'io! Sembrerebbe cioè una riedizione, ben più calda del precedente schema bipolare tra Usa e Urss! Ma ciò solo in apparenza...

Il "capolavoro" di Putin

    Facciamo un passo indietro. La notte del 24 febbraio 2022, quella in cui Putin ha iniziato l'invasione dell'Ucraina, è cambiata la Storia del mondo. Siamo certi che nulla sarà più come prima.
    In un solo istante Putin ha distrutto venti anni di paziente lavoro di ricucitura con l'Europa: anni fatti di forniture di materie prime e di apertura del proprio mercato interno: tutte le più grandi banche e industrie europee hanno aperto sedi e fabbriche in Russia. Grazie al crescente inter-scambio, i destini economici dell'Europa avevano iniziato a prendere una strada diversa da quella di Washington, che non aveva mai nascosto il suo grande disappunto - per usare un eufemismo - per quella che considerava una eccessiva dipendenza europea da Mosca. Tutti i leader europei andavano in visita al Cremlino, per farsi fotografare sorridenti al fianco di Putin e per fare affari: tutti, compresi quelli di estrema destra (Salvini, Meloni, Le Pen, Orban, ecc.), per i quali Putin era diventato "il più grande statista della Storia", "un uomo equilibrato e democratico" (Berlusconi), benché avesse il fastidioso vizietto di far ammazzare i giornalisti scomodi e gli avversari politici più irriducibili!
    Poi Putin, più si arricchiva (assieme alla sua cricca di "oligarchi", con la quale condivideva i dividendi del potere) e più si sentiva stretto! Come dargli torto? La Nato aveva fagocitato, senza colpo ferire, gran parte dei paesi satelliti dell'allora Unione Sovietica; alcuni di questi avevano anche fatto richiesta di ingresso nella Unione Europea! E la sindrome di "accerchiamento" si è ben presto trasformata in una vera e propria sindrome di "insicurezza". Qualcuno gli deve aver messo la pulce nell'orecchio: la Nato ha intenzione di aggredire la Russia, trascurando però il fatto che tradurre in atto una simile intenzione avrebbe significato lo scoppio della Terza Guerra Mondiale, con tutte le conseguenze radioattive del caso!
    Putin si è convinto che la situazione stesse precipitando e, col pretesto che i "nazisti ucraini stessero massacrando i russofoni del Donbass", si è convinto che l'Ucraina, spalleggiata dalla Nato, stesse per aggredire la Russia: e così ha deciso di varcare il Rubicone, passando dalle parole ai fatti!
    Ma fino ad allora Putin era stato semplicemente a guardare? No! Si era preso, come già detto, la Crimea nel 2014, scatenando la reazione ucraina nel Donbass: infatti, molti di coloro che oggi, al di fuori della Russia, e segnatamente in Italia, difendono la scelta putiniana di invadere l'Ucraina, "giustificandola" con i massacri nazisti nel Donbass, dimenticano che poco prima di questa aggressione c'era stata l'annessione della Crimea da parte russa; e che, inoltre, c'era stata anche l'autoproclamazione a Repubblica indipendente di alcuni insorti nazisti e nazionalisti russofoni del Donbass, sollecitamente supportati da Mosca. Non solo! La Russia aveva ostacolato in ogni modo i Presidenti ucraini eletti, ma invisi a Mosca, anche attraverso il ricorso al veleno; aveva tentato di imporre un Presidente filo-russo, la cui cacciata era costata qualche centinaio di morti a piazza Majdan! Peraltro, già nel 2018, il prof. Alessandro Orsini, assurto recentemente alle cronache, in una audizione al Senato, ormai diventata famosa, prevedeva uno "sfondamento" della Russia in Ucraina, visto che già da allora la Russia stava ammassando truppe al confine: ma di questo, gli orsiniani dell'ultima ora, non se ne sono neppure accorti. Tutti "fatti", questi, che comunque non potevano certo contribuire a ristabilire un clima di fattiva collaborazione tra i due popoli "fratelli".
    Quindi, per ritornare al punto, Putin si è sentito improvvisamente aggredito, ed ha perciò deciso di invadere il Donbass, chiederete voi? No! Già che c'era, si è arrogato anche il diritto di liberare tutti i "fratelli" ucraini dai "nazisti", anche se non richiesto.
    A questo punto, però, la situazione gli è sfuggita di mano. I presunti "aggressori" (Nato e UE), che avevano fatto passare sostanzialmente liscio lo "scippo" della Crimea all'Ucraina, questa volta si sono chiusi a riccio, facendo capire a Putin che non sarebbero più stati al suo giuoco!
    Da non sottovalutare il fatto che, fino al giorno prima dell'invasione, Putin aveva negato recisamente ogni intenzione di invadere l'Ucraina (il che, col senno di poi, è perfettamente comprensibile dal punto di vista militare), accusando piuttosto gli Usa di essere l'artefice di questa colossale menzogna propagandistica: tanto da inscenare, a sostegno della sua buona fede, una parziale ritirata delle truppe dal confine! E tutti (o quasi) ci avevano creduto o, forse, meglio: ci avevano sperato! I principali leader europei correvano a Mosca nella speranza di acquietare Putin e trovare una soluzione soddisfacente per russi e ucraini!
    Ma, niente da fare: la "propaganda" Usa si è trasformata in crudele realtà, come già detto, la notte del 24 febbraio, quando tutti hanno scoperto di essere stati presi in giro da Putin. In quella notte dei disinganni Putin è passato, in un sol colpo, dalla ragione al torto, da "aggredito" ad aggressore!
          E adesso?
      Ammettiamo per un'istante che Putin riesca a occupare tutta l'Ucraina (e a "denazificarla"): la Russia ne uscirà più sicura, come pretende Putin? Ho seri dubbi al riguardo.

   La "risposta" a Putin 

    Dopo l'attacco, tutti i Paesi europei hanno iniziato una alacre ricerca di fonti di approvvigionamento energetico alternative a quella russa. Molti colossi europei e americani hanno iniziato a fare le valige, e abbandonare il suolo russo. Di concerto con gli Usa, sono state decise delle sanzioni che hanno lo scopo di piegare economicamente la Russia (se ci riusciranno, è, però, un altro paio di maniche...).
    La Germania ha varato un piano di riarmo colossale da 100 miliardi di euro, che forse ha un precedente equiparabile soltanto con il piano di riarmo voluto da Hitler negli anni '30!
    Paesi tradizionalmente neutrali, come Svezia e Finlandia, hanno deciso di partecipare ai vertici Nato, come preludio a un loro ingresso in pianta stabile. Tanto che, nel tentativo di dissuaderli, il Cremlino ha già minacciato la dislocazione di armi nucleari e di nuovi contingenti di truppe lungo i confini baltici. Allo stesso tempo, altri Paesi ex-sovietici, come Georgia e Moldavia, hanno ufficializzato la loro richiesta di ingresso nella UE! Domanda: lo fanno perché si sentono degli "aggressori" o perché si sentono minacciati dalla Russia?
Le premier finlandese e svedese annunciano l'ingresso nella Nato
    
    Il Segretario di Stato americano Blinken plaude all'Europa, che, a suo dire, in poche settimane ha fatto passi giganteschi nel processo di affrancamento economico dalla Russia! Da ciò non si fa fatica a comprendere che proprio gli Usa (insieme alla Cina) saranno i principali beneficiari di questa partita, e non certo per qualche miliardo di metri cubi di gas in più!
    Morale della favola: grazie alla scellerata decisione di invadere l'Ucraina, Putin ha reciso d'un colpo i legami (di puro interesse!) sino ad allora intrattenuti con i Paesi europei, riavvicinandoli agli Usa, ma ha anche indotto Paesi che erano stati tradizionalmente neutrali (o lontani) a fare altrettanto, rafforzando, così, una coalizione sempre più agguerrita contro di lui.
    Adesso Putin avrà raggiunto il suo scopo? Si sentirà più sicuro o si sarà indebolito? In quest'ultima ipotesi ritornerà quella insicurezza che ha scatenato la guerra?

Il nuovo assetto del vecchio ordine mondiale

    Quello che è certo è che da questa situazione nascerà un nuovo periodo di instabilità globale, poiché anche la possibile conquista dell'intera Ucraina da parte delle truppe russe si rivelerà, per Putin, una vittoria di Pirro, che lo costringerà a fare i conti con una situazione strategica del tutto nuova, innescata dalla sua iniziativa bellica.
    Nonostante il poderoso arsenale nucleare di cui dispone, nel mondo di oggi il ruolo della Russia si è comunque drasticamente ridotto. La sua (relativa) grandezza non è più oscurata soltanto dagli Usa, sua tradizionale avversaria, ma, aggiungerei, è oscurata soprattutto dalla Cina! Oggi, infatti, il vero contendente degli Usa a livello globale non è la Russia, ma proprio la Cina: sono le grandezze demografiche, economiche e militari a dirlo!
In questo quadro, ormai radicalmente mutato, quella dell'Ucraina non è più una delle tante guerre dell'epoca della "pace calda" seguita, come abbiamo visto, alla caduta del Muro di Berlino, ma, temo, sarà ben altro: il primo atto di una nuova era, quella della "fine della pace".
    Da questo conflitto l'Ucraina uscirà sicuramente distrutta, ma la Russia, non meno dell'Europa, ne uscirà comunque indebolita, anche perché il loro rapporto di interesse si è bruscamente interrotto, proprio a causa del conflitto. E l'una e l'altra, Russia e Europa, dovranno comunque chiedere il "soccorso" dei loro rispettivi "alleati": saranno Usa e Cina, infatti, a ristabilire le regole del gioco a livello globale. Dobbiamo soltanto capire se lo faranno con le buone o con le cattive. In quest'ultimo caso ci attenderà non solo il passaggio dalla "guerra fredda" alla "pace calda", ma dovremo probabilmente giungere al terzo atto della tragedia: dovremo cioè fare esperienza della "guerra calda".
Biden e il Premier cinese Xi Jinping



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